Contraste, un lunapark gastronomico nel cuore di Milano

Della mia infanzia ricordo le mille raccomandazioni che mi faceva quotidianamente mia madre, tra cui quella di stare composta a tavola e non giocare con il cibo. Il rispetto per ciò che che mi veniva servito era sacro ed imprescindibile per lei, per questo inizialmente avevo sviluppato una sorta di timore reverenziale, salvo poi trasformarsi nel tempo invece in voglia di sperimentazione e ricerca di nuove emozioni culinarie.

Da tempo quindi avevo il desiderio di provare una cucina molto particolare che fa della ricerca e della emozionalità il suo tratto distintivo: il Contraste di Milano.

Alla guida del ristorante, dal giorno della sua apertura nell’inverno 2014, fresco di stella Michelin guadagnata a Al Pont de Ferr e riacquistata proprio al Contraste nel 2018, l’eclettico Chef uruguayano Matias Perdomo, un vero e proprio visionario della cucina internazionale.

La cucina di Perdomo è una sorta di gioco, colpisce il commensale per le continue “soprese” che gli vengono proposte, è come trovarsi in un lunapark dove ogni portata è una giostra differente, qualcosa di inatteso, inaspettato, e che 9 volte su 10 lasciano a bocca aperta chi ha il piacere di sedersi alla sua tavola.

Il locale si trova a Milano, in via Meda, zona Ticinese. L’ingresso è da un portoncino pressoché anonimo coperto completamente da edere, pertanto da fuori non si ha la minima idea dell’ambiente che si trovi al suo interno. Appena entrati si nota una bellissima casa dell’800, precedentemente dimora di un noto medico, i cui soffitti sono stati lasciati con le fattezze originali, mentre gli arredamenti sono in stile moderno, con tavoli bianchi immacolati ed oggettistica minimal, dove spiccano i bellissimi lampadari rossi ed un quadro raffigurante lo stadio Meazza realizzato su una tela in ferro arrugginito. Bellissimo e di effetto.

La prima sorpresa è proprio nel menu degustazione.

Si chiama Riflessi, e non è altro che un libro all’interno del quale c’è solo uno specchio. Il commensale non sa assolutamente cosa verrà servito durante la cena, lo Chef con lo specchio vuole semplicemente sapere chi ha davanti e realizzare delle portate fatte su misura per l’ospite. Della serie “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”.

Dunque, partiamo con l’entrée e subito ci troviamo davanti a qualcosa di particolare. Viene portata in tavola una scatola alla quale è accompagnata una chiave. Aprendo questo scrigno abbiamo tre amouse bouche alla vista molto belle ed eleganti. Direi un inizio con il botto, dove la creme brulée di foie gras e fichi addolcisce la bocca dopo l’acidità della sarda in saor fatta nella maniera tradizionale veneziana ma da un aspetto sferico inusuale, e l’aspic di melone alle erbe che infine rinfresca e pulisce il palato.

A seguire altre tre portate: una cipolla rossa di Tropea, soffiata come fosse un vetro di Murano, all’interno del quale troviamo un formaggio di capra (davvero ottima), una sfogliatella di zucchina ricotta e lamponi, ed una rosa di scampi con salsa catalana, tutto molto buono e delicato.

Procediamo con un altro tris di piatti. Polpo e patate (non male), empanada alla gallega al contrario con il ripieno all’esterno, ed un seppia e chorizo pazzesca, dove il sapore del salume si sposa perfettamente con la seppia.

Abbiamo proseguito con un mosaico di ricciola, foie gras, e nocciole, dei noodles di capesante, parmigiano e dashi (spettacolari), delle cozze cacio e pepe servite dentro una cocotte a forma di cozza.

E qui cominciano anche le illusioni ottiche di Perdomo. Tutto cio’ che vedi non è come sembra. Matias ha la capacità di servirti quelli che a prima vista sembrano dei ravioli, ma che in realtà sono spaghetti alle vongole. Avete capito bene, questi ravioli vengono realizzati estraendo l’anima di uno spaghetto, ed in bocca è un esplosione di mare. Uno dei piatti piu’ sorprendenti della serata.

Per non parlare del donut alla bolognese. A vederla è una vera e propria ciambella in stile americano, con tanto di glassa sopra e topping, peccato che sia in tutto e per tutto a livello gustativo una lasagna alla bolognese, con il ripieno di ragu’ e la “glassa” di besciamella. Notevole.

Ci viene portata poi anche una tartelletta. Un dolce direte? Macché, una base di pasta frolla con un fondo bruno e lamponi. Incredibile.

Per non parlare del rocher di animelle di vitello con lenticchie fritte come panatura oppure il piatto in assoluto che ho gradito di piu’ in questa cena: rognone di coniglio, anguilla affumicata e granita di aceto. Altissimo il livello della materia prima e delle cotture utilizzate.

E poi gnocchi di patate, mandorle e caviale, ragu’ d’oca con gelato latte e miele (divino), pluma di maiale iberico, ricci di mare e burrata (da sballo), infine agnello, patate e sommacco.

Il tutto innaffiato da un Franciacorta Brut Blanc de Blancs Cavalleri ed un Franciacorta Dosaggio Zero Riserva “Bagnadore”  2012 Barone Pizzini.

Per concludere la cena un divertente pre dessert: una scatolina con tanto di serratura con all’interno una piccola rappresentazione della famosissima scultura all’ingresso, fatta di cioccolato e melanzana affumicata.

Come dessert invece un Lego con cioccolato, alchemes e wasabi (anche qui ritorna l’idea del gioco, molto bella l’idea di un dolce al wasabi) e a chiusura una torta di rose con gelato di miele e vaniglia.

Dopo la cena ho avuto modo di scambiare qualche parola in cucina con lo staff ed ho chiesto allo Chef se avessi potuto raccontare di queste sue magnifiche portate tramite questa recensione, essendo di fatto una cena al buio e non volendo rovinare la sorpresa a chi sarebbe venuto dopo di me. La sua risposta è stata: “adesso che lo hai assaggiato è tuo, e di tutti quelli che provano l’esperienza del Contraste, parlane tranquillamente”.

Al Contraste ho trovato una cucina strabiliante, divertente, un viaggio di tre ore nel gioco e nella pura sperimentazione, dove verità ed illusione si fondono per dar vita a forme e colori diversi da quelli a cui siamo abituati in cucina. Matias gioca con il cibo, rispettandone però il sapore e la materia prima e portando il commensale all’interno di un rollearcoster di emozioni a cui è difficile non appassionarsi.

(Di Viviana Spagnuolo)