Igles Corelli, l’eclettico chef si racconta fra passione, consigli e confidenze

Dal 2010 Igles Corelli  è lo chef del ristorante Atman di Lamporecchio, in provincia di Pistoia.

Il suo lavoro di ricerca e la sua passione per il servizio continuano a ricevere riconoscimenti importanti, come l’assegnazione della stella Michelin.

Villa Rospigliosi

Igles ha sempre creduto nella valorizzazione dei prodotti tipici Italiani abbinati alla ricerca, alla sperimentazione e alla contaminazione con altre culture e i loro prodotti, presentando una cucina creativa, ricca di riferimenti alle tradizioni ma che non finisce mai di stupire, provocare e evolvere.
Da anni è protagonista di programmi televisivi come “Il gusto di Igles” su Gambero Rosso Channel, ed è autore di vari libri di cucina.
Igles arriva alla ribalta nazionale e internazionale tra gli anni ottanta e novanta, come chef dell’ormai mitico ristorante Trigabolo di Argenta, in provincia di Ferrara. Nei quattordici anni a capo della brigata di cucina, che ha poi prodotto molti chef di successo, raccoglie numerosi riconoscimenti, oltre all’assegnazione di due stelle dalla Guida Michelin, collocando il Trigabolo tra i primi ristoranti d’Italia del periodo e contribuendo all’avanzamento della cucina italiana con piatti considerati oggi storici.
Nel 1996 Igles si sposta di pochi chilometri aprendo il proprio ristorante, La Locanda della Tamerice, immersa nelle valli di Ostellato. Nei successivi quattordici anni riceve nuovamente una stella Michelin e consolida la sua posizione di Maestro della cucina italiana.

 

L’intervista a Igles Corelli

 

  • Un piatto a cui sei legato particolarmente?

“Mojito di Parma”
Un risotto al parmigiano reggiano 24 mesi vacche rosse, aria di crosta di Parmigiano, gelato di Parmigiano  36  mesi di Gennari , legato con lime e menta e sfumato con Rum. Tre consistenze e gioco “caldo / freddo”

 

Mojito di Parma

 

  • Se dovessi descrivere il menù del tuo ristorante in poche parole come lo definiresti?

“EMOZIONALE”, c’è un po’ di ego in questo ma è quello che tentiamo di trasmettere.

 

Ristorante Atman

 

  • Una nuova avventura, Mercerie a Roma, ci racconti cosa possiamo trovare e il perché di questa nuovo concept?

Il concetto mi è piaciuto molto perché è il servire in chiave street food anche dei piatti storici miei.
Si può trovare ad esempio una lasagnetta croccante, che è un po’ un piatto della memoria, ho pensato potesse diventare un contenitore in cui all’interno possiamo metterci qualsiasi cosa, di conseguenza c’è un percorso in tutto quello che è la tradizione italiana, per esempio noi ora ne facciamo cinque, con il ragù, la cacio e pepe, la carbonara, l’amatriciana e fagiolini pesto e patate… E si mangia poi in un boccone.
Poi ci sono i secondi, che si chiamano praline e entrano tutti in uno sferico.
Per farti capire, il vitello tonnato, che è vitello lessato tagliato a fette e steso con la salsa sopra, io ho invertito le cose, ho cotto il vitello a bassa temperatura, poi ho fatto delle fette sottili  e  all’interno ho inserito la salsa, mettendo al posto della maionese le uova sode  e poi capperi , acciughe e tonno e faccio questa salsa della giusta consistenza per inserirla..e quando vai ad assaggiare la pralina è un “vitello tonnato”.
Così anche l’ossobuco con il midollo affumicato, il pollo al curry, il pollo alla cacciatora, il coniglio alla veneta, qualsiasi cosa diventa una pallina e la salsa all’interno addensata diventa un cuore liquido, con fuori  delle panature in base al piatto, per esempio se il  pollo alla cacciatora veniva servito con la polenta, io vado a cucinare il pollo in modo tra virgolette tradizionale, la salsa la addenso con la xantana o altro e la inserisco dentro come una polpettina.
La polenta la riduco in polvere e fritta e diventa soffiata quindi ci avvolgo la pallina. Quando la vai a mangiare è “Pollo alla cacciatora”
Diventa uno street food, un’idea carina e  interessante.
Cosi’ anche i dolci e i gelati, ci saranno 22 tipi di gelati serviti a piccoli bottoni.

Il tutto avrà prezzi contenuti, per esempio mangiando dall’antipasto al dolce si spendono circa 10 euro, riusciamo a mantenere i costi bassi perchè appunto sono fatti a monoporzione e poi non c’è la grande preparazione che per esempio mi serve al mio ristorante dove ci sono 15 cuochi, c’è bisogno di meno mani in questo caso, il costo contenuto quindi non è dato dalla qualità della materia prima ma dal costo del personale.

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  • Raccontaci della manifestazione “Saperi & Sapori” che ha avuto grande successo lo scorso anno, la ripeterai ?

Forse, non è ancora sicuro, anche se il progetto è già pronto, vorrei farla in grande stile, magari ogni due anni e magari a Roma.

 

Vestiti a Festa, maccheroni farciti e rapa rossa

 

  • Parliamo di griglia, qualche suggerimento o trucchetto? 

C’è una cosa che molte persono non conoscono, quando salare la carne, prima dopo o durante?

Allora in linea generale la carne va salata nel momento in cui la si cucina, entro la mezz’ora, se la si sala e la si cucina entro i trenta minuti va benissimo, se la si cucina dalla mezz’ora in poi non va più bene perchè il sale fa perdere liquidi alla carne.

Nel caso in cui facciate una marinatura ovviamente il sale non va aggiunto, perchè il sale lavora per osmosi e tira fuori i liquidi dalla carne.

Quindi se l’andiamo a cucinare subito allora la si sala, perchè il sale in quel momento aiuta anche la formazione della crosticina, altrimenti dopo.

Altra cosa importante, quando si mette la carne sulla griglia è sempre meglio tenere il fuoco a destra e a sinistra e lasciare una parte centrale di sicurezza, perchè, nel caso in cui la carne dovesse prendere fuoco,  succede spesso, la si passa nella parte centrale. La carne prende fuoco e la brace fa la fiamma quando il grasso cola sulla brace, quindi se si cucina per esempio una salsiccia o una costoletta, che sono molto grasse, a cottura diretta prendono fuoco, se invece si mette nella zona centrale di sicurezza, con il calore iniziano piano piano a perdere i grassi e poi si puo’ andare a cottura diretta.

 

  • Una serata informale tra amici…quale menù e quali vini?

Sicuramente birra e un bel barbecue,  se deve essere conviviale il barbecue è l’ideale, perché non ci si deve preoccupare della carne durante la cottura…perché  per quanto riguarda il discorso “convivialità”, quando vado da amici se c’è una cosa che odio è proprio il fatto che chi cucina non è partecipe della serata, se invece si fa un bel barbecue, dove non si è preoccupati della fiamma, puoi restare in mezzo a loro e godere della compagnia.
E la birra o uno champagnino è quello che ravviva la serata.

Aggiungerei buona musica, i Pink Floid, vista la “mia età”, anche se l’altro giorno con la mia fidanzata siamo andati a vedere Vasco Rossi.

 

  • L’insegnamento è sempre stata una parte importante della tua carriera, come rispondono i giovani di oggi?

“C’è un discorso di motivazione”

Una volta si dicedeva di fare l’alberghiero perchè si studiava poco, ora non è più così, ho un figlio che si è diplomato quest’anno ed è stato molto impegnativo, però ho anche notato che non era molto stimolato a livello gastronomico, probabilmente perchè il suo insegnate non ha avuto il giusto approccio.
Ho notato , quando gli stagisti vengono da me,  che se si comunica a loro in un certo modo si aprono…inizialmente arrivano un po’ “scoglionati”, magari perchè gli hanno fatto lavare piatti o fare delle cose poco stimolanti…Se invece si stimolano hai da loro l’attenzione e allora esplodono!
C’è bisogno di essere aperti con loro, se si è chiusi loro lo saranno altrettanto. Il saper comunicare è molto importante quindi, io cerco di dare nozioni gastronomiche importanti sia insegnando, lo faccio da più di trent’anni, sia in tv, sempre comunque cercando di attirare l’attenzione e la curiosità.

Tra l’altro i ragazzi mi fanno rimanere giovane, perché “tu dai” ma ricevi anche, un giovane non ha paraocchi, con gli anni  passa e si fa fatica perchè si hanno degli schemi, loro riescono a darti delle emozioni impensabili, a cui non avresti mai pensato perchè appunto hai la conoscienza e dici “no, quell’abbinamento non ci sta”, poi invece lo vai ad assaggiare e dici “porca misera che roba buona che è!”

 

  • Hai aperto le porte alla concezione di cucina come arte, quanto si può ancora inventare e creare?

Chi dice “è stato già tutto inventato” dice una castroneria assurda!
Le porte non sono aperte ma spalancate!.. lo abbiamo visto anche in questi anni.
C’è più interesse per la cucina, più interesse dell’industria e degli artigiani e quindi mille porte aperte.La cucina è in continua evoluzione, pensa solo alle cotture, adesso per esempio c’è l’ultrasuoni.
Adesso i prodotti sono di altissima qualità, certo invece che alla Lidl bisogna cercare piccole realtà, quelli che io definisco per esempio “contadini laureati”.

 

Palloncini, patè di coniglio e polveri vegetali

 

  • Progetti e ambizioni x il futuro?

Adesso penso a Mercerie che aprirà a settembre, poi si vedrà.
Intanto sto tentando di portare in squadra Mauro Gualandi, pasticcere del Trigabolo, lui è un genio ma non lo sa, portarlo a Roma sarà un valore aggiunto per noi e per lui.
Poi forse un nuovo ristorante a Roma e  continuare  il messaggio per la gente trasmettendo il mio “poco sapere” tramite il Gambero Rosso.

 

  • Cosa pensi di chef&maitre?

Bello!!!Bravi!!
Senza la comunicazione non si fa nulla e voi siete bravissimi e grazie !

Cubo, petto d’anatra, cipolle e fondo d’anatra

 

Igles si racconta…

 

All’inizio della mia carriera, quando negli anni ottanta ho cominciato a lavorare nelle cucine del Trigabolo di Argenta, mi sono ispirato ai maestri che mi avevano preceduto. Primi su tutti Nino Bergese, cuoco dell’aristocrazia italiana di metà del novecento, e successivamente chef del San Domenico di Imola e al suo erede Valentino Marcattilii, poi al grande Gualtiero Marchesi, per arrivare a “competere” con i colleghi come Gianfranco Vissani e altri chef di punta del periodo. Senza trascurare l’influenza d’intellettuali come Carlo Petrini, che ci ha ricordato che un piatto per essere buono, oltre ad essere cucinato bene, deve essere anche pulito e giusto, e Luigi Veronelli figura centrale nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano.
Alla fine degli anni ottanta la sperimentazione nelle cucine professionali ha iniziato una drammatica accelerazione. Tra i primi in Italia, ho scoperto il pacoject, macchina rivoluzionaria e all’avanguardia per i tempi, poi il sottovuoto, non solo utilizzato per la conservazione ma anche per la cottura, i distillatori, gli affumicatori e gli ultrasuoni, solo per citarne alcuni. Un’evoluzione rapida e inarrestabile che si esprime in varie forme, come nel lavoro di Ferran Adrià, dove la tecnica e la morfosi diventano quasi ossessive, oppure con Heston Blumental dove l’esperienza coinvolge tutti i sensi, o Renè Razpecki e la nuova Nordic Cuisine, dove la raccolta dei prodotti selvatici diventa il fulcro della cucina.
Negli anni ho involontariamente acquisito una ricca collezione di ricordi visivi, olfattivi, gustativi, sonori. Una collezione arricchita da incontri e letture, da errori e successi. Una memoria gastronomica che inevitabilmente condiziona oggi il mio approccio alla cucina. Come i prodotti, puliti, tagliati, conservati e cotti reagiscono ai vari trattamenti e come interagiscono fra loro, sia dal punto di vista organolettico, sia da quello estetico e socio-culturale.
La cucina garibaldina, termine che ho cominciato a usare nel 2010, per descrivere il mio personale approccio alla cucina fatta di ricerca dei migliori prodotti che il nostro bellissimo paese produce, una cucina che appunto unisce l’intera Italia.
La mia cucina è comunque sempre in evoluzione, e inevitabilmente diviene più complessa e articolata. Oggi il mio approccio a un prodotto, sia esso un finocchio o un gambero, è il medesimo. Vedo il prodotto come un’entità complessa, composta di varie parti, a volte ovvie e visibili, altre non immediatamente distinguibili. Utilizzo ogni parte per ottenere preparazioni diverse che possono culminare in un unico piatto o disperdersi in una moltitudine di preparazioni diverse.
Come accade in natura, nulla viene trascurato, buttato, tutto viene trasformato, attraverso processi specializzati e successivi, in una moltitudine di altri prodotti. L’intero processo è ciclico, circolare, da un’entità complessa, attraverso successive trasformazioni, si passa a una semplificazione che non è altro che il punto di partenza di nuove entità più complesse.
Ecco cosa intendo quando con il mio stile scherzoso invito le persone a fare il cerchio e dire, tutti insieme: CUCINA CIRCOLAREEEE!

 

Ristorante Atman

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