Il Giappone incontra la Sicilia, una serata straordinaria con gli chef Wicky Priyan e Pino Cuttaia

Una serata straordinaria in cui gli chef Wicky Priyan (Wicky’s Wicuisine) e Pino Cuttaia (La Madia) hanno dato vita ad un menu a 4 mani unico e ad un gemellaggio nippo-siciliano incredibile! – di Alan Jones

Lunedì 25 marzo sono stato tra i pochi privilegiati a partecipare a questo evento eccezionale, una serata a 4 mani in cui gli chef Wicky Priyan e Pino Cuttaia hanno creato un menu fantastico riuscendo a far incontrare due mondi così lontani, il Giappone e la Sicilia, ma gastronomicamente così vicini, uniti non solo dall’estrema precisione nelle tecniche di preparazione ma anche dal rispetto per la materia prima.

Il pesce e l’amore per il mare sono gli elementi chiave di questa storia di amicizia tra lo chef Wicky Priyan e lo chef Pino Cuttaia che hanno entrambi fatto della loro più grande passione, la cucina, il mestiere della vita. Hanno entrambi lottato per costruire il loro mondo gastronomico fatto di rigore, rispetto, passione e sacrificio. La loro è un’idea di cucina dove a dominare non sono solo i sapori, forti e decisi come i loro caratteri, ma anche i colori e i profumi.

Una serata davvero meravigliosa in cui diversi giornalisti gastronomici, amici e persone legate al mondo della gastronomia hanno potuto partecipare a questo magnifico incontro tra due grandi chef, tra due grandi mondi gastronomici, tra due grandi culture culinarie.

I due chef non hanno certamente bisogno di grandi presentazioni…

Il padrone di casa Wicky Priyan, cingalese di nascita ma giapponese di adozione, è sulla scena di Milano da oramai più di 10 anni ed è lo chef patron del ristorante Wicky’s Wicuisine in Corso Italia 6, uno dei ristoranti etnici migliori in Italia.
La sua è una cucina unica e diversa in quanto unisce quella giapponese tradizionale e kaiseki a ingredienti italiani e mediterranei, senza disdegnare l’aggiunta di spezie indiane e asiatiche. Non la si può quindi definire solo una cucina di stile nipponico ma nemmeno una cucina fusion, termine che lo chef non ama e che infatti preferisce definirla Wicuisine, o cucina del mondo.

Secondo Wicky la conoscenza, la disciplina, la tecnica, la filosofia sono le basi per affrontare qualsiasi tipo di cucina. La sua filosofia è infatti basata sul rispetto e sulla responsabilità, tutti insegnamenti ricevuti nel corso di decenni dai suoi importanti maestri giapponesi.

Pino Cuttaia è invece lo chef patron del ristorante La Madia a Licata che vanta 2 stelle Michelin dal 2009 (aveva ricevuto la prima stella Michelin nel 2006).
Ha vissuto tanti anni a Torino, dove ho studiato e lavorato in fabbrica. In quegli anni la cucina per lui era solo un hobby, ma si è poi trasformata col tempo in mestiere. Dopo tanti anni trascorsi nelle cucine di diversi e rinomati ristoranti, tra cui “Il Sorriso” a Soriso (Novara) e “Il Patio” a Pollone (Biella), lo chef è finalmente ritornato nella sua terra, in Sicilia, aprendo poi il suo ristorante la Madia nel 2000.
Qui la precisione nel lavoro, che aveva imparato ad apprezzare al nord, ha incontrato e riscoperto il calore, la passione, le materie prime e le ricette della sua infanzia siciliana. Da questo incontro è nata la sua idea di cucina, una cucina in cui reinventare i ricordi, trasformandoli in piatti perfetti per celebrare stagioni e simboli della storia gastronomica della sua gente.

Lo chef racconta che “ogni Chef è in viaggio, e il viaggio è fatto di ricerca, esplorazione, idee. Il mio oggi conduce dove tutto ha avuto inizio: nella cucina di casa. Il regno del gusto domestico, della cura amorevole, dell’imperfezione perfetta. Perché è lì che si ritrovano sapienza antica e bellezza, quasi inconsapevole.
Il mio scopo? È riportare il gusto domestico nei piatti.
Il mio impegno? Liberare gli ingredienti dalla tecnica per riconsegnarli all’amore e al rispetto.
Il mio sogno? Restituire al cibo la poesia dei sapori perduti, l’emozione dei ricordi, il calore dei gesti conosciuti. Io voglio rendere invisibile la perfezione.
È questa la mia sfida.
Il cibo è comunicazione, è storia, è memoria.
Ogni Chef ha accesso a un tesoro di cui pochi godono: il tempo. Chi infatti può passare ogni giorno e senza problemi quattro o cinque ore in cucina, se non un cuoco? Per questo il mio è un compito altissimo: restituire ad ogni piatto il passato da cui è nato, come un dono.”

Tornando alla serata di lunedì 25 marzo, grazie all’amicizia che mi lega allo Chef Wicky da diversi anni, ho avuto la fortuna di potermi sedere al suo bancone di fianco a sua figlia Lanka, alla moglie Nozomi, al “Re del cioccolato” Ernst Knam che era accompagnato dalla moglie e ai giornalisti Allan Bay e Marco Mangiarotti. In sala, tra i tanti ospiti, c’erano anche Ficarra e Picone, il direttore di Mediaset Alessandro Salem, il giornalista Gianluigi Nuzzi e lo chef Tony Lo Coco. Ma tanti altri sono rimasti a bocca asciutta dato che i posti disponibili sono andati esauriti in 48 ore.

Una serata perfetta in cui i piatti dei due Chef si sono alternati dando vita ad un menu entusiasmante pieno di colori, sapori, profumi e materie prime eccezionali sempre risaltate al meglio dalla bravura dei due Chef.

Abbiamo iniziato con uno dei piatti più famosi dello chef Cuttaia, la celeberrima nuvola di caprese, che era stata anche eletta “Piatto dell’anno” 2014 per la Guida dei ristoranti dell’Espresso. Io l’ho provata per la prima volta e ho trovato il piatto veramente delicato, arioso ed equlibrato, con la dolcezza della mozzarella controbilanciata perfettamente dall’acidità del pomodoro.

Lo chef ha spiegato che “l’idea è nata quasi per caso, guardando la pellicina che si forma sul latte quando lo fai bollire. Stavamo appunto facendo bollire il latte per una bagnacauda. La pelle che si era creata era talmente perfetta che sembrava veramente avere una mozzarella al suo interno. Allora, conoscendo la vera mozzarella di bufala, quella che quando è appena fatta, ancora calda, è piuttosto dura e nervosa, ho voluto creare un’illusione visiva ponendo sotto questa pellicina il contrario di qualcosa di compatto”.
Il procedimento prevede che la mozzarella venga centrifugata, con una piccola aggiunta di panna di bufala, per poi essere messa a riposare per un giorno. A questo punto viene filtrato il tutto. Si separa il liquido, che è quello che lo chef andrà a usare, dalla parte fibrosa, che è ormai insapore visto che tutti gli aromi e sentori si sono trasferiti nel liquido. Il liquido viene poi montato in planetaria o con un sifone. È a questo punto che viene avvolto nella pellicina molto delicatamente. La fake mozzarella viene servita adagiata su una spremuta di pomodoro datterino cucinato in modo leggero, profumato con aglio e basilico, poi passato a chinois fine, proprio come se fosse un sugo ma molto delicato. Parte di questo pomodoro viene adagiato sul fondo del piatto, parte viene invece usato per insaporire una mollicata di pane, a mo’ di panzanella e inserito all’interno della spuma.

A seguire è arrivato il primo piatto dello Chef Wicky che ha voluto chiamare “Neve di Sicilia”, il piatto che forse più di tutti mi ha sorpreso per il suo gusto intenso e delicato allo stesso tempo. Il piatto è composto da scampi, olio al prezzemolo, salsa jalapeno e caciocavallo siciliano di razza modicana grattugiato sopra. Un connubio di sapori perfetto che unisce sapientemente la dolcezza degli scampi alla piccantezza della salsa e all’acidità del caciocavallo.

Si continua con un altro capolavoro dello chef Cuttaia, il “Quadro di alici”, piatto in cui le alici sono adagiate insieme a cipolle e pomodori come un dipinto servito su un foglio di carta alimentare, proprio come se fosse una tela.

Le alici vengono trattate con acqua di mare e ghiaccio e sono alternate al carbone del nero di seppia (si fa essiccare la vescica della seppia che viene poi polverizzata). La cornice è invece una maionese ottenuta lavorando la bottarga di tonno.
Un piatto meraviglioso che si ha quasi il timore di rovinare e di mangiare, ma questa sensazione svanisce subito non appena si mette in bocca il primo boccone…

È di nuovo il turno di Wicky con un piatto al quale ha dato il nome di “Umami”. Si tratta di un piatto a base di cernia gialla marinata con alga Kombu accompagnata da una gelatina di Tosazu che è composta da katsuobushi (tonno bonito essiccato, fermentato e affumicato), salsa di soia, aceto di riso e mirin. La gelatina conferisce al piatto quel tocco di affumicato che risalta il gusto “Umami” che in giapponese significa “saporito”.

Proseguiamo con un altro piatto di Cuttaia, che ha voluto scherzosamente chiamare “???”. Si tratta di una fettina sottile di Tonno Alalunga, un omaggio all’amore delle mamme e alla memoria della nostra infanzia.

Lo chef racconta infatti che “un po’ tutti siamo cresciuti con la fettina che era l’attenzione della mamma quando le sembravamo magri e ammalati. Era una fettina sottile e tenerissima, quasi non masticabile, condita solo con un po’ d’olio e limone, un piatto semplice e nutriente.

Per me, il suo simbolo più forte è il seme di limone. La perfezione imperfetta del gesto domestico… Mai una mamma l’avrebbe tolto, mai una mamma l’avrebbe fatto mancare…”.

Il piatto seguente di Wicky è un piatto di nigiri che lo chef ha voluto omaggiare a Milano, città che lo ospita da più di 10 anni, l’ha infatti chiamato “ Oh mia bela Madunina” e si tratta di 6 nigiri con riso allo zafferano: 2 con carne di Kobe e 2 con ventresca di tonno entrambi ricoperti da polvere d’oro, mentre i 2 centrali sono con gambero rosso di Sicilia ricoperti da una foglia d’oro. Straordinari per quanto riguarda l’esecuzione, la qualità della materia prima e la temperatura di servizio del riso.

Ritorniamo allo chef Cuttaia con il piatto “La trasparenza del calamaro”, un raviolo senza pasta con crema di broccoletti e salsa di acciughe in ricordo della bagna cauda piemontese, sintesi perfetta delle origini e dell’infanzia dello chef.

L’ultimo piatto di Wicky è uno dei suoi piatti simbolo, l’oramai leggendario Wikakuni Kyoto, il suo maialino tipico della tradizione giapponese che arriva però dai monti Nebrodi e che viene lessato per 16 ore secondo la tecnica Kyo-Kaiseki, utilizzata nei ristoranti di cucina tradizionale di Kyoto. Questa laboriosa cottura permette di valorizzare il gusto e le proprietà nutritive della carne, eliminando del tutto il grasso “cattivo” di questa pietanza. Il maialino viene accompagnato da mela caramellata e senape.

Per finire in dolcezza lo chef Cuttaia ci propone la sua “Cornucopia”, una fragrante cialda di cannolo ripiena di ricotta di Passalacqua da Castronovo di Sicilia accompagnata da una marmellata di arance di Ribera e pistacchi di Raffadali. È senza ombra di dubbio il cannolo siciliano più buono che io abbia mai assaggiato, la ricotta era semplicemente straordinaria!

La cena, accompagnata da ottimi vini, si è conclusa con delle piacevoli coccole.

Speriamo di non dover attendere troppo per un bis o per un’altra straordinaria serata a 4 mani come questa!

Alla prossima!

(di Alan Jones)