Officina dei Sapori – chef Fabio Tammaro: ottima materia prima e mani sapienti che rendono onore e prestigio al mare
Ho sempre apprezzato le persone che mettono passione nelle cose che fanno, che trasmettono l’amore e la dedizione per il loro lavoro. Mi era già capitato di incontrare professionisti innamorati di ciò che fanno, ma mai nessuno è riuscito a coinvolgermi come lo Chef dell’Officina dei Sapori.
Fabio Tammaro è un giovane cuoco partenopeo, trapiantato a Verona, che ha creato in città un piccolo angolo di mare. I suoi piatti, accompagnati da aneddoti e racconti di navi e pescatori, hanno il potere di catapultare il commensale in luoghi lontani di un tempo indefinito. Ho sempre seguito con interesse e curiosità il suo percorso ed appena ne ho avuto occasione ho voluto testare di persona la sua cucina.
Il locale si trova nel centro di Verona, molto elegante nella sua semplicità, con tavoli apparecchiati in stile minimal senza tovaglia, che mettono in risalto il bellissimo legno di cui sono fatti, con piccoli oggetti dal design moderno a tema marino.
Iniziamo la cena con un’entree davvero inusuale, uno shot di bitter e vermouth invecchiato accompagnato da una purea di patate e buzzonaglia, prodotto raro e prelibato tipicamente usato nel trapanese, la parte più grassa del tonno che si trova vicino alla pancia molto gustosa e saporita.
Ci vengono portati dei grissini e del pane fatto con lievito madre, soffice e leggero, con una crosta croccantissima.
Proseguiamo con due percorsi differenti: vista la mia passione per i crudi opto per i crostacei (scampo, canocchia, mazzancolla, gambero viola e rosso) di alta qualità, seguiti da una selezione di ostriche.
La degustazione del giorno prevede una Fine de Claire Pléiade Poget cal. 3 – Bretagna, una Special Utah Beach cal. 3 – Normandia ed infine una Grand Cru Tarbouriech cal. 4 – Italia, la famosissima Perla del Delta.
Una grande sorpresa per me, non avendola mai provata prima, un’ostrica piccola, con un frutto carnoso dal gusto delicato e quasi dolce di nocciola, la migliore che io abbia mai assaggiato, il tutto accompagnato dal racconto di Fabio sull’origine di questo meraviglioso prodotto.
La nascita in Francia e lo spostamento successivo per opera di Florent Tarbouriech nella Sacca di Scardovari, dove fino ad allora le cozze ne erano state le regine incontrastate. Ad accompagnare, tre provette contenenti vodka, limone e acqua di pomodoro al tabasco.
A seguire un sashimi di leccia, con salsa al bitter e mirtillo, davvero buono.
Il mio accompagnatore invece sceglie tra “I Cotti” delle deliziose capesante, morbido di patate e frutto di cappero.
Come prima portata degli spaghetti allo scoglio fujuto (scappato) ed olio essenziale al bergamotto, un piatto che visivamente non contiene del pesce, ma che all’assaggio sprigiona un concentrato di mare pazzesco.
Come seconda portata invece il fritto di Sfritto: totani, sarde, gamberi e polenta, nato proprio durante il lockdown e studiato per essere anche un ottimo piatto da asporto.
Ottima la chiusura della cena, con una pastiera fatta alla vecchia maniera, con la pasta al posto del grano e biscotti serviti su un dolcissimo vassoio-quadro contenente un disegno realizzato dal figlio dello Chef.
L’accoglienza e il servizio in sala impeccabile hanno reso la cena ancora più piacevole, come se non bastasse l’ottima materia prima utilizzata e trattata a dovere dalle sapienti mani di questo chef, che rende onore e prestigio al mare e ai suoi frutti.
(Di Viviana Spagnuolo)
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